“Imparate a fare il bene, cercate la giustizia” (Is 1, 17)

È questa perentoria affermazione del profeta Isaia che le sorelle e i fratelli del Minnesota (USA) pongono alla nostra riflessione per la preghiera comune di quest’anno… Isaia ci presenta qui una società che sta vivendo un processo di disintegrazione che investe ogni aspetto della convivenza civile: una situazione di sfaldamento etico che parte dal piano politico e religioso per investire ogni ambito sociale. Il profeta si fa dunque portavoce di un Dio che si indigna contro il suo popolo. Lo fa con una voce che non cerca di mediare, di attenuare, diventando in ultima istanza inoffensiva. Si esprime con una pluralità di iridescenze ma con un atteggiamento fortemente assertivo, cioè chiamando il male per male. Isaia, dignitario di alto rango della casta sacerdotale, è un uomo del tempio, che mette in cortocircuito per certi versi, fede e vita, piazza e culto. Proprio nel brano che ci viene proposto, noi intravediamo come il linguaggio del profeta insista sul nodo d’oro che unisce queste due realtà: rito e vita, culto ed esistenza, liturgia e giustizia, preghiera ed opere. Nel tempio per il profeta si viene per ascoltare e credere ad una parola che si vivrà fuori.

Il brano delinea proprio i principi per un discernimento del nesso fede ed esistenza e cioè il fatto che il valore di un culto non è legato alla molteplicità dei riti. Il culto è celebrato cercando il volto di quel Dio che per primo ha scelto di legarsi al suo popolo. Ma il culto, non può sostituire i doveri più elementari verso il prossimo, specialmente quando questo è debole e indifeso. Sarebbe una “perversione della religione” per Isaia…  Il pervicace anelito al rispetto per la giustizia di Dio pone anche al centro della predicazione profetica il valore sociale del culto, della preghiera. La sottolineatura dell’aspetto sociale, tuttavia, non ci pone di fronte ad un mero impegno filantropico, è la chiamata stessa di Dio che impone il compito della giustizia: la fede che si coniuga con l’amore e la liturgia intesa come azione liturgica fanno cambiare la società. La fede per Isaia non è perciò un’operazione intellettuale ma è adesione a Colui dal quale scaturisce un legame in cui c’è saldezza e che si manifesta nel praticare la giustizia perché “l’umano è il punto naturale di intersezione della fede”, come afferma il cardinal Walter Kasper. Il pastore luterano Dietrich Bonhoeffer in Resistenza e resa precisa a questo proposito: “Cristo crea in noi non un tipo d’uomo, ma un uomo. Non è l’atto religioso a fare il cristiano, ma il prendere parte alla sofferenza di Dio nella vita del mondo”. Dunque, per converso, è nel cuore dell’uomo connivente con l’ingiustizia che si celano, in ultima istanza, le cause profonde del male. Tuttavia… nella sua sorprendente giustizia, Dio sa ricomporre la fraternità, una fraternità che tende a non escludere nessuno, nemmeno l’empio. Come i nostri fratelli e le nostre sorelle del Minnesota ci fanno notare “Il mondo di oggi ripropone, in molti modi, le sfide della divisione che Isaia fronteggiò nella sua predicazione. La giustizia, la rettitudine e l’unità hanno origine dal profondo amore di Dio per ognuno di noi e rispecchiano chi è Dio e come Dio si aspetta che ci comportiamo gli uni con gli altri”… 

(Dall’Introduzione al Sussidio per la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani 2023)

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